Qualora l'arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata colui che l'ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda”.
L'azione di arricchimento ingiustificato è un’azione personale, esperibile, cioè, solo tra i soggetti che sono parte del rapporto che ha causato lo spostamento patrimoniale.
Ai sensi dell'articolo 2041 c.c., occorre che una parte si sia arricchita e conseguentemente, vi sia stato un depauperamento ai danni dell'altra.
L'impoverimento consiste nel danno patrimoniale arrecato al soggetto che agisce: tale danno può consistere nella perdita di un bene, nella mancata utilizzazione di esso o nella mancata remunerazione di una prestazione resa ad altri.
È, dunque, necessario che sussista il nesso di causalità tra l'arricchimento e il depauperamento.
Un ulteriore presupposto per l'esperibilità dell'azione è la mancanza di una giusta causa dell'attribuzione.
I Giudici di Piazza Cavour, di recente, sono tornati sul corrispondente tema e con Ordinanza n. 20521 del 17/07/2023, hanno così confermato il seguente principio di diritto: “L'azione di arricchimento può essere valutata, se proposta in via subordinata rispetto all'azione contrattuale articolata in via principale, soltanto qualora quest'ultima sia rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all'accoglimento”.
Alla luce di tale pronunzia emerge, ergo, che l'azione di arricchimento può essere valutata, se proposta in via subordinata rispetto all'azione contrattuale articolata in via principale, soltanto qualora quest'ultima sia rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale.
Avv. Giulio Costanzo