Lunedì, 20 Giugno 2022 15:29

Concorrenza sleale per c.d. agganciamento

Scritto da Avv. Giulio Costanzo
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La Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 19954 del 13/07/2021, ha statuito che la condotta di "appropriazione di pregi", contemplata dall'art. 2598, comma 1, n. 2, c.c., è integrata dal vanto operato da un imprenditore circa le caratteristiche della propria impresa, mutuate da quelle di un altro imprenditore, tutte le volte in cui detto vanto abbia l'attitudine di fare indebitamente acquisire al primo meriti non posseduti, realizzando una concorrenza sleale per c.d. agganciamento, quale atto illecito di mero pericolo.

La S.C., con l’Ordinanza n. 19954 del 13/07/2021, è tornata sulla peculiare figura della concorrenza sleale, in particolare su quella per agganciamento.

La concorrenza sleale consiste nel compimento di una serie di atti che provocano un danno ingiusto ad un’azienda oppure un errore di giudizio del consumatore, traendolo in inganno. Essa è disciplinata dall’art. 2598 c.c. e si distingue in:

  1. atti di confusione: uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o atti di imitazione servile di prodotti di un concorrente, o atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;

  2. atti di denigrazione e di vanteria: gli atti denigratori sono volti a screditare e calunniare un’azienda concorrente;

  3. atti contrari alla correttezza professionale: dumping, storno di dipendenti, violazione del patto di non concorrenza, spionaggio industriale, tacere un conflitto di interessi.

Per quanto concerne la peculiare fattispecie per c.d. agganciamento, consiste nell’uso indebito delle fotografie di prodotti dell’azienda concorrente costituisce un caso di concorrenza sleale previsto dalla chiamata previsione normativa che vieta gli atti di concorrenza sleale tipici (atti confusori, denigrazione e appropriazione di pregi) e atipici (atti contrari ai princìpi della correttezza professionale e idonei a danneggiare l’altrui azienda), a fronte dei quali si può agire in giudizio sia in sede inibitoria che risarcitoria.

Tale condotta, consistente nell’appropriazione di pregi del concorrente e in un indebito vantaggio competitivo, viene definita come concorrenza sleale per agganciamento, che comporta lo sfruttamento della visibilità sul mercato che ha l’impresa concorrente e più affermata. Si tratta quindi di un atto di concorrenza sleale, idoneo a creare confusione tra prodotti concorrenti, di tipo parassitario, consistente in un indebito arricchimento e in un correlativo danno patrimoniale.

Gli atti di concorrenza sleale atipici costituiscono una serie aperta e in continua evoluzione, così come il criterio di correttezza professionale come regola comportamentale di base.

Tra gli atti più comuni riscontriamo quelli di concorrenza parassitaria, manifestati in atti ulteriori rispetto alla tipica appropriazione di pregi (si pensi, ad esmepio, all’ imitazione delle iniziative pubblicitarie del concorrente, delle sue immagini su Internet e dei suoi prodotti).

Avverso tale concorrenza sleale vige la possibilità di ottenere tutela inibitoria, mediante la concessione dei provvedimenti d’urgenza (ex art. 700 c.p.c. ss.) previsti dal codice di procedura civile.

Gli atti di appropriazione di pregi si distinguono dagli atti di confusione, in quanto l'illecito sviamento della clientela da essi causato si realizza non a seguito della confusione di identità tra prodotti od attività di imprese distinte, bensì esclusivamente ingenerando nel pubblico la convinzione che un prodotto od un'impresa abbiano le stesse qualità e pregi di quella concorrente.

La S.C. è tornata di recente sul relativo tema, accogliendo un ricorso ove ha ritenuto sussistente la descritta condotta allorché un'agenzia pubblicitaria, con la quale abbia iniziato a collaborare un soggetto che in precedenza aveva realizzato campagne pubblicitarie per un'altra impresa, vanti sul proprio sito internet il "carnet" di clienti di quest'ultima, lasciando intendere di avere curato essa stessa le precedenti campagne pubblicitarie.

I Giudici di Piazza Cavour, con l’Ordinanza n. 19954 del 13/07/2021, di recente sono tornati sul corrispondente tema, enucleando il seguente principio di diritto: La condotta di "appropriazione di pregi", contemplata dall'art. 2598, comma 1, n. 2, c.c., è integrata dal vanto operato da un imprenditore circa le caratteristiche della propria impresa, mutuate da quelle di un altro imprenditore, tutte le volte in cui detto vanto abbia l'attitudine di fare indebitamente acquisire al primo meriti non posseduti, realizzando una concorrenza sleale per c.d. agganciamento, quale atto illecito di mero pericolo.

Alla luce di tale pronunzia emerge, ergo, che la condotta di "appropriazione di pregi", contemplata dall'art. 2598, comma 1, n. 2, c.c., è integrata dal vanto operato da un imprenditore circa le caratteristiche della propria impresa, mutuate da quelle di un altro imprenditore, tutte le volte in cui detto vanto abbia l'attitudine di fare indebitamente acquisire al primo meriti non posseduti, realizzando una concorrenza sleale per c.d. agganciamento, quale atto illecito di mero pericolo.

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