La fattispecie concreta riguardava il caso di un avvocato che, mediante ingiunzione di pagamento, aveva chiesto al proprio cliente il pagamento della somma di Euro 20.600,61 a titolo di compenso per prestazioni professionali.
Notificato il provvedimento monitorio, il cliente interponeva opposizione al decreto ingiuntivo, sostenendo che la somma richiesta non era dovuta in quanto superiore a quella liquidata dal Giudice nel provvedimento di condanna. Il professionista si difendeva affermando che detta liquidazione non aveva valore vincolante, per cui la sua richiesta era da considerarsi del tutto legittima.
Il Tribunale adito accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo opposto, deducendo che il criterio secondo cui la misura degli onorari dovuti all'avvocato dal cliente poteva essere determinata in base ai criteri diversi rispetto a quelli della liquidazione delle spese, non poteva dirsi vigente dopo la soppressione delle tariffe, l'approvazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e la riforma della legge professionale n. 247 del 2012.
Avverso detta sentenza veniva proposto ricorso in Cassazione da parte dell’avvocato, per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 247 del 2013, art. 13 e del D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 5 ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 111 Cost.
La Suprema Corte ha richiamato un orientamento ormai costante nel tempo (sentenze 19/10/1992 n. 11448; 30/5/1991 n. 6101; 28/6/1989 n. 3158) secondo cui la misura degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese ed agli onorari di causa. Essa, infatti, va determinata in base a criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese tra le parti (quali, tra gli altri, il risultato ed altri vantaggi anche non patrimoniali).
La Corte, invero, ha evidenziato che anche l’esistenza di distinte previsioni normative per la determinazione dei compensi nei riguardi del cliente, comprova che l'ammontare delle somme dovute dal cliente stesso può essere diverso rispetto a quello formante oggetto della pronuncia di condanna, per cui tra le due liquidazioni può esservi corrispondenza.
Tale apparente differenza di trattamento è correlata al diverso fondamento dell'obbligo di pagamento degli onorari che, per il cliente, riposa nel contratto di prestazione d'opera e, per la parte soccombente, nel principio di causalità (sentenza 19/10/1992 n. 11448).
La Corte, quindi, ha stabilito che il cliente è sempre obbligato a corrispondere gli onorari e i diritti all'avvocato ed al procuratore da lui nominati ed il relativo ammontare deve essere determinato dal giudice nei suoi specifici confronti a seguito di procedimento monitorio o dal procedimento previsto dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29, senza essere vincolato alla pronuncia sulle spese da parte del giudice che ha definito la causa cui le stesse si riferiscono.
Tali principi vanno confermati anche dopo l'entrata in vigore della nuova legge professionale forense n. 247 del 2013 che ha determinato il passaggio dal sistema tariffario a quello dei parametri.
Su tali premesse, quindi, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la questione al Tribunale emittente per un nuovo esame sulla base del seguente principio di diritto: In tema di onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato, anche nel vigore della nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, di cui alla l. n. 247 del 2012, la loro misura prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese e agli onorari di causa e deve essere determinata in base a criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese fra le parti (quali, tra gli altri, risultato e altri vantaggi non patrimoniali), in ragione del diverso fondamento dell'obbligo di pagamento degli onorari, che riposa, per il cliente, nel contratto di prestazione d'opera, e, per la parte soccombente, nel principio di causalità e dell'inefficacia nei confronti dell'avvocato della sentenza che ha provveduto alla liquidazione delle spese, in quanto non parte del giudizio.